mercoledì, dicembre 17, 2014

Il cacciatore di anatre

Il titolo non mi aveva attirato, pensavo a qualcosa ambientato negli USA, con cacciatori impallinati (scusate il gioco di parole, ma mi piaceva troppo) nello sparare a tutto ciò che vola.

Ma poi ho iniziato a a leggere la trama e ne sono stata conquistata
Leggetela anche voi e ditemi se non faccio bene a mettermi alla caccia (:-)) di questo film.
Un film che non ti aspetti da un giovane esordiente italiano, Egidio Veronesi, già attivo nel campo del documentario. Una fiction intensa e struggente che riporta in auge un genere dimenticato come il melodramma storico. Un film girato nel 2011, vincitore di un numero indescrivibile di premi (23 primi posti e 113 nomination) nei più svariati festival di tutto il mondo. In uscita il 4 dicembre 2014, grazie a un coraggioso distributore indipendente: Witherose Pictures di Lorenzo Lombardi, già regista del discreto horror In the market.
Il cacciatore di anatre è narrato con la tecnica del flashback dal solo protagonista che riesce a invecchiare, il mezzadro Mario che soffre le angustie della Seconda Guerra Mondiale (combatte e fa ritorno a casa) e la perdita della moglie, ma corona il sogno di vedere la figlia pianista di successo. Romanzo di formazione, storia di un’amicizia intensa tra quattro persone molto legate tra loro. Loris corre dietro a ogni sottana e viene ucciso da un fascista tradito dalla compagna; Gino è un cacciatore che ama mangiare anatre, vendicherà l’amico morto e sarà fucilato come disertore; Oreste, innamorato della sua moto, morirà in un banale incidente stradale. Una serie di storie e di esistenze concatenate, ambientate tra Mirandola e Finale Emilia, girate con padronanza tecnica e puro stile cinematografico, tra piani sequenza, primi piani, panoramiche e carrelli. Lontano mille miglia dal television movie, vero cinema, che racconta le condizioni di vita dei contadini emiliani durante la Seconda Guerra Mondiale. Il fascismo resta sullo sfondo delle vicende personali, la guerra viene citata con filmati d’epoca in bianco e nero, la scenografia è curata nei minimi particolari, i costumi sono perfetti.
Una voce fuori campo (Mario invecchiato), poetica e mai invadente, conduce per mano lo spettatore tra le pieghe della storia, fotografata con toni ocra e verde scuro, accompagnata da una suggestiva colonna sonora al pianoforte. Colore d’epoca rispettato, tra balli sull’aia, sagre di paese, tempo passato in osteria e corse su strade sterrate a bordo di vecchie moto. Notevoli dissolvenze, spaccati di realtà tra campagna e pianure, parti oniriche, cartoline del tempo perduto, suggestive e coinvolgenti. Ricordiamo alcuni giochi di dissolvenze incrociate che presentano Gino alle prese con la riparazione della moto. La mietitura, i fascisti prepotenti, le mancanze del quotidiano, i poveri costretti a rubare e – nonostante tutto – sempre innamorati dei loro sogni.
Un film teatrale, ben recitato dagli interpreti, che il regista guida con mano ferma, così come usa a dovere la macchina da presa nei suggestivi esterni. Lo stile ricorda Olmi (L’albero degli zoccoli), ma anche il Pupi Avati delle piccole storie di provincia, oltre al fatto che certi casolari emiliani suggeriscono l’ambientazione de La casa dalle finestre che ridono. Molta poesia nel descrivere la fine dell’innocenza e lo sfiorire dei sogni, anche se Mario nelle ultime sequenze afferma: “Ho vissuto come ho potuto e come ho dovuto, ma ne è valsa la pena, perché il mio sogno si è avverato”. Calzante la citazione finale, da John Updyke: “A volte i sogni si avverano. Per questo la natura ci incita a sognare”. Un film che uscirà in qualche sala, ci dicono. Un film che vorremmo vedere nei migliori cinema, il fine settimana e durante le festività natalizie, al posto di tanto inutile cinema italiano contemporaneo e di troppe stupide commedie americane. Sappiamo che non accadrà, ma in ogni caso noi siamo qui per dirlo.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . Regia: Egidio Veronesi. Soggetto: Loris Barbi. Sceneggiatura. Egidio Veronesi. Fotografia: Alessio Valori. Montaggio: Paolo Marzoni, Diego Berrè. Scenografia: Silvio Mazzoli, Gianni Santi. Costumi: Marino Bucci. Suono: Marco Parollo, Diego Schiavo. Musiche: Beppe D’Onghia. Distribuzione e Ufficio Stampa: Witherose Pictures. Titolo originale: Il cacciatore di anatre. Titolo inglese: The duck hunter. Genere: Drammatico, Bellico. Durata: 90’. Italia, 2011. Ambientazione: Emilia Romagna. Produzione: Novantaseidodici, Cinemaline. Produttori associati: Maxman, Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola. Produttori Esecutivi: Maurizio Panini, Egidio Veronesi. Interpreti: Federico Mazzoli, Francesca Botti, Augusto Gatti, Giorgio Paltrinieri, Paolo Lodi, Anna Ascari, Simone Tonini, Libero Bortolazzi, Paola Bianchi.

martedì, dicembre 16, 2014

Save the Duck

Save the Duck, letteralmente "salvate l'anatra"
Save the Duck non è altro che un marchio di abbigliamento per bambini che usa per le imbottiture un'ovatta in cotone che imita la morbidezza e il calore della piuma. Marchio prontamente acquisito da una scaltra imprenditrice veneta.
Trovo irritante che la gente si indigni tanto solo adesso, solo dopo che una trasmissione televisiva in prima serata ne ha parlato.
Ma da dove credevano che venissero le piume, le piumette e il pregiato piumino che imbottiscono giacche a vento, gilet e calde e soffici trapunte? Forse credevano nella loro beata ingenuità che crescessero sulle piante? Oppure pensavano -sempre nel loro incredibile candore- che le oche si tosassero così come si fa con le pecore?
Bah!
Forse fingere di ignorare è comodo, quando si prova piacere ad farsi avvolgere in un soffice e confortevole piumino!
Ma trovo ancora più irritante quei giornalisti che raccontano con malcelata (volutamente malcelata) ammirazione di quella imprenditrice che lesta cavalca l'onda (per questo semmai sarebbe ammirevole). La ammirano perché sbandiera di non usa penne, piume e piumette.
Cortesemente signori giornalisti aprite gli occhi: è da oltre 30 anni che esistono imbottiture altrettanto calde e confortevoli delle piume d'oca che però non provengono dal mondo animale. Solo che non si chiamano Save the Duck, e quindi non catturano l'ingenua mente dei giornalisti di oggi.
Good save the duck!
... e salvi pure noi da certa informazione!

lunedì, dicembre 15, 2014

Richard, Antonietta e Sam

Le papere sono carine, sono io la prima a dirlo, non per nulla tanti anni fa ho iniziato a collezionarle.
Ma mentre la maggior parte delle persone si limita ad apprezzarne l'iconografia, qualcun altro se le tiene in casa alla stregua di animali da compagnia.
Già in passato vi ho raccontato di amanti delle papere in carne e piume.
Oggi mi sono imbattuta in un altro amante delle pennute:un insegnante di balli caraibici, Mauro ‘Merengue’ Imperatore.
Mauro ha un maschio e una femmina di nome rispettivamente Richard e Antonietta.
Lo scorso ottobre L'uovo covato da Antonietta si è schiuso e ne è venuto fuori Sam.
Evidentemente da Mauro lo spazio iniziava a mancare, così, quando è stato il momento, a Sam è stata trovata una nuova casa. Ovviamente sempre nel felice ruolo di oca da compagnia. Nessun pericolo di finire in pentola.
Da Avezzano, sua terra natale, Sam si sposta così fino a Civitella Roveto (L’Aquila).
Ma l'altro ieri Sam è tornatoa far visita ai genitori per gli auguri di Natale.
Nella foto li vedete tutti e tre, addobbati per l'occasione con piccoli collarini a tema natalizio.
Chissà se si sono ricosciuti!
la foto di Richard, Antonietta e Sam è stata scattata da Antonio Oddi.

giovedì, dicembre 11, 2014

Il Grande Fratello adesso si trova nell'aia e nella stia


Notiziola con oche fresca di oggi:
A Gubbio alcune oche sono sotto osservazione.
Non esattamente a Gubbio, ma a Casamorcia, una frazione di Gubbio.
E a dirla tutta non solo le oche, ma anche polli e tacchini.
Sono osservati 24 su 24.
Il Grande Fratello dei pennuti da cortile non è lì per cogliere amori e amorazzi (alla stregua del Grande Fratello di moda tra i bipedi), ma per uno scopo molto più affascinante e utile: il riscontro scientifico della capacità di certi animali nel sentire in anticipo i terremoti.
Nel bacino di Gubbio da mesi è ripresa una serie sismica, gli esperti ne stanno approfittando per monitorare il comportamento degli animali, alla ricerca di segnali che si ripetano nei tempi precedenti alle scosse.:
Stanno cercando il tipo di animale che più degli altri e con maggior precisione è in grado di fornire, mediante il proprio mutamento comportamentale, elementi scientifici per realizzare un algoritmo o un metodo in grado di individuare in anticipo l’arrivo di una scossa di terremoto.
Io ho sempre sentito dire che gli animali domestici "sentono" in anticipo il terremoto: diventano inquieti, hanno comportamenti inusuali. Adesso questi ricercatori stanno trovando il modo di catalogare e interpretare questi segnali.
Ci vorrà un bel po' di tempo per raccoglere i dati necessari, nel frattempo qualcuno potrebbe finire in pentola.

venerdì, giugno 27, 2014

E le mie che fine faranno?

Ho appena scritto il post precedente, e inevitabilmente mi fermo a pensare.

Penso con distacco a chi dovrà prendere in mano alla mia morte tutte le mie papere. Centinaia di papere.
Metteranno anche loro un annuncio? le regaleranno per la disperazione di non sapere dove metterle?
Le porteranno in discarica?
Terranno qualcosa? Cosa?

Rispetto ad Angela Rosa loro avranno meno problemi: tutte le mie papere sono state accuratamente fotografate, e la maggior parte (quelle più vecchie) è già in rete su www.mondopapera.net.
E' più facile così mettere un annuncio.

Ma le cose hanno un valore solo per l'amore che qualcuno può portare loro. E che loro possono trasmettere, come un tramite.
Ovviamente non parlo di intriseco valore venale, quello mi interessa poco, parlo del valore generato dalla gioia, dal sorriso che sono in grado di strappare.



Ognuna di queste papere mi ricorda la persona che me l'ha regalata (quella qui sotto mia mamma)
o l'occasione in cui l'ho presa (quella sopra in Belgio, tornando per tre volte davanti al negozio che l'aveva in vetrina e che era sempre chiuso), o il paese di provenienza (quella ancora sopra viene dal Canada)

Alcune di loro mi fanno commuovere per il  grande amore con cui mi erano state regalate (quella nel guscio di noce all'inizio del post e quella qui sotto di rodocrosite) e perché chi me le ha regalate non c'è più.



So che la maggior parte dei lettori di questo blog non arriverà neppure a leggere la fine di questo post, un post che non è leggero e carino come quelli che scrivevo.
Ma quando la vita ti passa sopra con lo schiacciasassi non si riesce più a scrivere post leggeri e carini.






Un post anomalo che chiudo con questo papero che sorridendo, quasi timido mi porge una rosa rossa


Per me ha un enorme valore.

Papere in cerca di una nuova casa

Mi scrive Angela Rosa da Roma che sua suocera aveva questa piccola collezione di papere.




Adesso le papere son rimaste orfane e Angela Rosa sta cercando per loro una nuova collocazione.
Se qualcuno fosse interessato ad acquistare l'intera collezione, o anche singoli pezzi può scrivere direttamente a deluca.rosi@hotmail.it
Le papere sono a Roma, ma possono essere imballate e spedite.




 

venerdì, aprile 04, 2014

Da Ottorino a Becco-di-rame alle paralimpiadi

Non avevo più voglia di scrivere qui. Chi è stato un mio fedele lettore sa bene il perché. Ma oggi mi sono imbattuta di nuovo nella storia di Ottorino, l'ultima che avevo raccontato (le successive le avevo programmate in precedenza), e ho sentito il bisogno di riprenderla. Il post su Ottorino l'avevo scritto il 25 febbraio, solo 72 ore prima che la mia vita cambiasse per sempre. Ottorino aggredito dalla volpe, privato del becco, destinato a morire di fame e di sete. Riportato alla vita da una insperabile protesi di rame che ha accettato. Un'oca che accetta la sua menomazione, che del suo essere diversa da tutte le altre non si fa un cruccio, anzi! Ecco la storia di Ottorino due anni dopo il mio primo post, Ottorino che adesso si chiama Becco-di-rame e che rischia di essere la mascotte delle prossime paralimpiadi. Non sai mai cosa ti riserva la vita.

Non comincia col classico «C'era una volta», ma con «Cari piccoli miei vi racconto la mia incredibile storia...». Il tempo è presente. E la storia è vera. Protagonisti: un'oca e il veterinario che le ha ricostruito il becco (spezzato) con una protesi di metallo. Cinque ore di intervento per un'operazione unica. Ora «Becco di Rame» non è solo il nuovo nome dell'oca, ma è anche un libro per bambini che racconta dell'oca orgogliosa del suo nuovo becco, diventata papà e pure leader del pollaio. Parla di disabilità e di riabilitazione, di ospedale e di operazioni. Una storia che non finisce col più classico dei classici «... e vissero tutti felici e contenti» ma con «vedete piccoli miei, questo racconto dimostra come possa essere straordinaria ed emozionante la vita». Quella vera che, a volte, ci mette davanti a prove difficili ma, come dimostra Becco di Rame, possono renderci ancora più forti e anche migliori di prima. Dall'inizio. Quando è nato Becco di rame si chiamava «Ottorino». È un'oca Tolosa (maschio) che vive nella fattoria di Alfredo e Gisella, sulle colline toscane. È una di quelle oche solitamente destinate a finire su qualche tavola imbandita. Ma non Ottorino, che per i suoi padroni diventa un animale di compagnia. Come un cane o un gatto. Vive nel pollaio. Starnazza. Cresce, fino a diventare un animalone che a un anno pesa 8 chili e se la spassa con le altre anatre della fattoria. Ma una notte di febbraio l'incidente: una volpe piomba nel pollaio. Ottorino, oca coraggiosa, difende i suoi amici. Nessuno sarà sbranato dalla volpe, ma lui nella battaglia ci rimette il becco. Senza il suo becco l'oca non riesce più a mangiare. Neppure se Alfredo e Gisella provano a imboccarla. Decidono di portarla dal veterinario del paese vicino. Si chiama Alberto Briganti. Di lui raccontano storie che hanno dello straordinario. Nella sua Clinica di Figline Valdarno, ha salvato sei lupi dell'Appennino, un gatto che si era addormentato nella lavatrice ed aveva fatto un lavaggio a 90 gradi. Ha cavato un dente a un elefante del circo, aiutato un bisonte a partorire... Ha 58 anni, è uno di quelli che lavorano con passione. Dopo 10 anni passati in una multinazionale tedesca, ha comprato a costo di grossi sacrifici e cinque mutui, un vecchio convento di 1700 metri quadri a Figline Valdarno. È qui che lavora ormai da venti anni. Ed è qui che arriva Ottorino col suo becco sbeccato. Briganti, col suo camice con le impronte colorate degli animali, ci pensa e ci ripensa. «Il tipo di lesione non permetteva nessun tipo di cure e neppure interventi chirurgici. L'unica strada era una protesi ma non ne esistevano ...» Poi l'idea. Recupera una lastra di rame, la modella. Fa l'impronta al becco di Ottorino. «Non ero sicuro della riuscita, non potevo sapevo se avrebbe tollerato la protesi, ho voluto provare», racconta Briganti. L'oca viene addormentata, il medico monta il becco di rame, arriccia i bordi, calcola esattamente i fori in corrispondenza di quelli che servono per respirare. Lo fissa con dei cerchiaggi chirurgici. E attende il risveglio. E qui la favola, diventa una vera fiaba. Becco di Rame si sveglia e appena apre gli occhi con la sua nuova protesi cerca di bucare la scatola in cui era stata adagiata. «Ha mostrato subito di avere acccettato il suo nuovo becco artificiale», racconta il medico. La sera stessa ha ricominciato a mangiare, senza dimostrare alcun fastidio. Dopo quattro mesi Gisella e Arturo raccontano che l'oca rincorre a becco aperto le auto che passano e l'impressione che sia diventato addirittura più forte e più sicuro di sé. A tal punto che strizza l'occhio ad un'altra oca e ben presto diventa papà di tanti piccoli anatroccoli che non si stanchano mai di ascoltare la sua storia. Fine. Il medico Briganti ora gira scuole e ospedali di tutta Italia per raccontare la storia ai bambini. Ha dato vita anche una Fondazione per aiutare tutto il mondo sportivo dei giovani atleti appartenenti al mondo dei protesici-disabili. E non nascondere il desiderio che l'oca col suo nome tradotto in Copperbeak diventi la mascotte delle Paralimpiadi del 2016 a Rio.
fonte ilgiornale.it

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