Oche cremasche
In occasione del Carnevale Cremasco del 1955 viene lanciato il concorso per la scelta della tipica maschera cremasca. Vince Paolo Risari, titolare della trattoria degli Angeli in Via Mazzini, detta Curt Granda, con la maschera"dal Gagèt còl sò Uchèt". Da allora questo personaggio è diventato l'emblema stesso del Carnevale Cremasco e apre ritualmente sempre la sfilata.Un personaggio fortunato il Gagèt, frutto dell'attenzione con cui l'oste Cechino osservava l'arrivo impacciato dei campagnoli da Porta Serio. I cittadini ironicamente chiamavano "gagi" quei contadini che periodicamente comparivano al mercato con la curbèla e l'oca. L'oca come il maiale nel Carnevale sono frequentemente presenti e rappresentati; nell'economia alimentare della civiltà contadina cremasca assumono un ruolo fondamentale. L'oca veniva uccisa per la ricorrenza di S. Andrea, mentre il fegato eravenduto a caro prezzo al mercato, la sua carne si conservava nel grasso inappositi recipienti di terracotta, le olle, e durava fino alla quaresima. Il Gagèt si distingue per l'abito nero, scapat, solitamente quello di nozze, indossato nelle grandi occasioni. Veste vistose calze e coccarda biancorossa, i colori della città. In testa porta un cappellaccio, calza zoccolidi legno, fazzoletto al collo, secondo la più stretta tradizione contadina.Un tocco di eleganza a questo abbigliamento, indubbiamente fuori luogo, lo danno i guanti bianchi e la gianèta (bastoncino). La comicità del Gagèt fa leva sul modo circospetto, l'incedere poco disinvolto e il disagio procurato dal sentirsi in città un pesce fuori dall'acqua, perché è abituato al quotidiano della cascina, mondo dove abitualmente vive.